PERCHÈ, PRIMA O POI, UNA CURA LA TROVANO... MA NEL FRATTEMPO DIAMOCI UNA MANO PER NON PERDERCI NELLA NOTTE

venerdì 7 dicembre 2012

SCARPINARE... CON TELETHON

La prima edizione della mia passeggiata non poteva chiudersi meglio.


Giovedì 13 Dicembre Scarpinare per la Ricerca sarà ospite di COSE DELL'ALTRO GEO, per raccontare la mia avventura!


E' un grande onore poter partecipare alla settimana dedicata a Telethon, con la mia storia e con la mia Scarpinata 2012. 
Ecco il link.



Quest'anno, infatti, invece di una maratona di 24 ore le trasmissioni dedicate alla raccolta di fondi e alla sensibilizzazione riguardo il mondo delle malattie rare, promossa dalla fondazione Telethon, proseguiranno anche sul web dal 9 al 14 Dicembre!

L'intervista andrà in onda su RAI3 per le 16:30, indicativamente!

domenica 2 dicembre 2012

MAURO CORONA

Prendetevi qualche minuto per ascolterlo




PROTEGGERSI CON STILE?

Un po' di spirito di osservazione e senso critico, spesso, permettono di trovare soluzioni semplici a problemi grandi.

Mio nonno ha 91 anni e si è operato di cataratta solo pochi anni fa. 
Rispetto all'età media, i suoi cristallini si sono opacizzati solo ad 80 anni... fatto tutt'altro che trascurabile.

Non ci avevo mai pensato, ma solo ragionando con mio padre sulla faccenda ho potuto scoprire la famosa "acqua calda".

Benchè abbia vissuto una vita intera a lavorare la terra sotto il forte sole del sud Italia, dato che lui come me è Lucano, non ha subito le stesse aggressioni opacizzanti dei suoi coetanei cittadini. 
E, come lui, per molti suoi compaesani la storia è andata nello stesso modo. Cataratte molto tardive, operate oltre gli 80 anni.
Qualcosa deve proteggere i cristallini di queste persone, è quanto mai evidente.
C'è un elemento che accomuna, infatti, tutti i contadini del mio paese natio, ma questa volta non si tratta di alimentazione particolare o di elisir presenti nei frutti di quella terra, e lo dimostra il fatto che mia nonna, come la maggior parte delle mogli dei popolani in esame, si è sottoposta all'intervento di cataratta con almeno 10 anni di anticipo, nonostante abbia lavorato meno all'aria aperta rispetto mio nonno.

La chiave di tutto sta in un accessorio che, di questi tempi, è considerato un pochino vintage. Il cappello.

Mio nonno, e come lui tutti gli uomini del paese, ha sempre indossato la classica coppola ogni volta che usciva di casa. Aveva la coppola per la campagna, quella da passeggiata domenicale, quella per gli eventi importanti e quella da ogni giorno.

Un semplice cappello ha protetto dalla luce solare i suoi cristallini ritardando così, giorno dopo giorno, l'insorgenza della cataratta.
Se un accessorio così semplice, e di ridotto costo d'esercizio, può proteggere in modo così efficace il cristallino, perchè non pensare di utilizzarlo anche per ridurre i danni alle nostre retine?

sabato 1 dicembre 2012

LUCI... E OMBRE

La luce come nemica. 

Sembra una frase d'effetto, ma per un retinopatico è una quotidiana realtà.
Ogni giorno le radiazioni luminose sono in agguato, pronte a raggiungere le nostre sofferenti retine, aggredendole e favorendone la degenerazione.
Non sempre è così, ma nel caso di chi è affetto dalla Stargardt la musica è questa. La dannata radiazione blu del vicino ultravioletto è la nostra peggior nemica.
C'è chi non accusa sintomi acuti, altri come me manifestano fotofobia solo se particolarmente stanchi o se influenzati; ci sono poi retinopatici a cui la luce causa proprio dolore acuto. Un paio di volte mi è capitato di sperimentare una fotofobia acuta, ed è stato come sentire ogni singolo fotone penetrare l'occhio come un ago penetra la carne. Un nugolo di spilli pronto ad invadere il bulbo oculare, ad ogni battito di palpebra.

In questo frangente, almeno per il momento, la sorte sembra abbia deciso di essermi favorevole. A parte i rari eventi di fotofobia, in linea di massima me la cavo abbastanza bene, soprattutto avvalendomi dei mie cari dispositivi di fotoprotezione individuale. 

Ma, in generale, sia a casa che nel tempo libero, abbiamo una certa libertà di azione, per cui possiamo mettere in atto tutti gli stratagemmi che reputiamo utili allo scopo di fotoproteggerci.

Il discorso cambia, però, laddove non ci sono tali possibilità. Mi riferisco all'ambiente di lavoro in particolare. Sì, perchè se è vero che a casa o a spasso possiamo tenere le luci soffuse, chiudere le tende nelle ore più luminose, indossare occhiali specifici protettivi o anche cappelli con una bella tesa ombreggiante, quando siamo al lavoro tutti questi comportamenti diventano spesso di impossibile attuabilità.

A peggiorare tale situazione c'è poi tutta una serie di strani meccanismi che sembrano impedire che l'ovvio possa diventare applicabile.

Un esempio può chiarire di cosa parlo. 

Al lavoro ho sopra la mia testa 6 lampadari, costituiti ciascuno da 4 potentissime lampade alogene. Si tratta di 24 fari che sparano luce 24 ore su 24! L'area in cui esercito la mia professione di farmacista è perciò illuminata in modo davvero davvero intenso, tanto che spesso anche i clienti avventori lamentano il fastidioso riverbero di qeuste luci. Ingialliscono nel tempo persino i vari flaconi contenenti bagni schiuma, shampoo e creme.

Alle mie richieste di intervento mi è stato più volte ripetuto che sostituire tali lampade, per il momento, è troppo costoso e che, almeno per quest'anno, non se ne parla. 

E son due anni che batto su questo tasto...

Il punto è che tutta questa situazione si traduce per me nella obbligatoria necessità di portare al lavoro lenti medicali con filtro a 400nm, piuttosto scure e di colore arancio scuro, di cui ho anche parlato in un precedente post. Ma non è tutto qui: alle volte capita che la sera torno a casa con dei mal di testa tonanti, e questo inizia ad essere davvero seccante, se non intollerabile.

Basterebbe, in verità, smontare la metà delle lampadine per dimezzare immediatamente le emissioni, ma forse è troppo antiestetica come soluzione...

Questo è solo un piccolo esempio di come può essere complessa la vita di un retinopatico, senza andare a sforare in questioni troppo complesse.
Le difficoltà per noi possono celarsi anche dietro la cosa più naturale ed ovvia del mondo, ma come spesso accade basterebbe un po' di comprensione e sensibilità per risolvere questi piccoli grandi problemi.

In Italia stiamo tutti molto attenti a scegliere le parole giuste per non urtare le altrui sensibilità, riempiendoci la bocca belle frasi d'effetto e dispensando promesse con disinvoltura. E quando si deve passare ai fatti ecco che casca l'asino, e ci riveliamo per quelli che siamo nel profondo: dei sani e fieri ipocriti.


Ma, a onor del vero, posso affermare che preferirei non dover temere l'eccessiva esposizione a luce intensa ed essere chiamato tranquillamente
handicappato, evitando così falsi buonismi e inutili rischi per le mie fragili e disastrate retine.

Pertanto mi sento di dover rivedere l'affermazione iniziale di questo post, perchè in realtà, come sempre, è l'insensibilità la vera nemica da temere.
 

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