PERCHÈ, PRIMA O POI, UNA CURA LA TROVANO... MA NEL FRATTEMPO DIAMOCI UNA MANO PER NON PERDERCI NELLA NOTTE

giovedì 29 dicembre 2016

VINCERSI

Ricordate Matteo Stefani, il campione del mondo di arrampicata intervenuto alla partenza di "Anche agli Dei poace Giallo"?
Bene, guardate qui...



"...non lasciate che nessuno vi dica cosa potete o non potete fare"
Jessica Schroeder, Via degli Dei, 2016

Il mondo offre tante possibilità. Perchè non coglierle? Che ci guadagnate a star chiusi in casa, arrabbiati col mondo?
Ad esempio, la conoscete la Fondazione Silvia Rinaldi
No? 
Cliccate QUI allora.


venerdì 2 dicembre 2016

Dalla vita...

"Hai ormai quarant'anni e ancora non hai capito cosa vuoi dalla vita..."

Cambierà probabilmente l'età, ma la frase ve la sarete sentita dire almeno una volta.
E la questione calza anche per quello che significa vivere con i nostri occhi.

Cosa voglio dalla vita?! 
Ma perchè, la vita stessa non ti basta?? 
E poi, cosa vuol dire non sai cosa vuoi? Mica dalla vita voglio una unica cosa...
E' la vita ad essere unica. Non le cose che puoi fare.
E io, sinceramente, nella mia vita voglio provare a fare e ad essere tutto quello che mi riesce.

Bambino, adolescente, adulto, stupido, serio, bacchettone, fuori di testa, fotografo, musicista, cuoco a domicilio, farmacista, raccoglitore di pere stagionale, ricercatore, viaggiatore, chimico analitico, escursionista, esploratore, scrittore, lettore di romanzi storici, massaggiatore ayurvedico, collezionista, falegname, muratore, meccanico, idraulico, rompiscatole, pagliaccio, contadino da terrazzo, mastro birraio... e la lista è ancora lunga.

Io  voglio assaggiare tutto quello che la vita ha da offrirmi. Non per presunzione, nè per manie di perfezionismo o di megalomania. Si tratta di semplice curiosità. Immensa e profonda.

Se a voi basta una sola cosa, tanto meglio! 
Quello che scartate lo prendo su io. 
Poi vi racconterò se è stato interessante o no.


martedì 29 novembre 2016

#YELLOWTHEWORLD - EVEREST EDITION



È uscito!
Dopo l’anteprima al cinema Moviemento a Berlino, che ha avuto luogo il 2 ottobre 2016, il documentario è ora disponibile per lo streaming on-line.

Per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla sindrome di Usher e limiti della disabilità visiva, Dario Sorgato, fondatore di NoisyVision, ha portato la campagna #YellowTheWorld al suo punto più alto.
Nel documentario Sorgato spiega la motivazione, la preparazione e il completamento della sua avventura, cercando di condividere come le limitazioni sensoriali possono influenzare la sua vita quotidiana, ma non gli impediscono di viverla al meglio.
Il documentario include testimonianze provenienti da tutto il mondo.

Il documentario è principalmente in inglese ed e’ disponibile consottotitoli in inglese o in italiano per tutta la sua durata.
Noleggia il documentario . Dovrai registrarti o effettuare il login su Vimeo e pagare con carta di credito o con PayPal. Se sei troppo pigro per fare questi 2 semplici passaggi, il documentario non fa per te.
Il team di NoisyVision ha dedicato tanto tempo, sforzi e soldi per creare questo prodotto.
Due semplici passaggi oltre al piccolo contributo economico non sono un buon motivo per impediti di guardare il documentario.
Proiezione del documentario a scopo educativo. Se desiderate proiettare il documentario nella vostra scuola, nella vostra organizzazione, nel vostro club, … inviateci una richiesta e vi forniremo con il film completo.
In questo caso sarà richiesta una donazione per la proiezione in pubblico.Buona visione!

E fateci avere i vostri commenti!
Tutti i proventi da VideoOnDemand saranno utilizzati per i progetti di NoisyVision.

Il documentario non è completamente accessibile. Ci scusiamo per questo. Non abbiamo le risorse per renderlo possibile in questo momento.

venerdì 7 ottobre 2016

CHI SONO





CIAO! 


IO SONO DONATO. 


PERCHÈ QUESTO BLOG? 


BEH, IL NOME GIÀ LA DICE LUNGA. 
HO UNA MALATTIA, LA STARGARDT, UNA DEGENERAZIONE MACULARE GIOVANILE CHE COLPISCE LA PARTE CENTRALE DELLA RETINA, QUELLA CHE HA LA FUNZIONE DI FARCI VEDERE I DETTAGLI E I PARTICOLARI. 

CONSEGUENZA DELLA MALATTIA È CHE COL TEMPO, AL POSTO DELLE IMMAGINI, NEL CENTRO DEL CAMPO VISIVO COMPARE UNA BELLA MACCHIA; INIZIALMENTE SBIADITA, SFUMATA, MA PRIMA O POI DIVENTERÀ NERA.
 

ORA, IN QUESTO MOMENTO LA MIA MACCHIA È ANCORA PIUTTOSTO RISTRETTA E GRIGIO SFUMATA, QUINDI DIREI CHE MI POSSO RITENERE ANCORA FORTUNATO VISTO CHE A 41 ANNI HO ANCORA UN VISU DI 8/10 COMPLESSIVI. 
MOLTI DEI MIEI COMPARI DI (S)VENTURA HANNO INVECE VISUS RESIDUI INFERIORI.

PERCHÈ QUESTO BLOG, ERA LA DOMANDA INIZIALE.

BEH, IO VORREI CREARE IN RETE QUALCOSA CHE A SUO TEMPO HO CERCATO TANTO MA CHE NON HO TROVATO: UNO STRUMENTO DOVE POTER TROVARE QUALCHE INFORMAZIONE IN PIÙ RISPETTO A QUELLE CHE CANONICAMENTE SI TROVANO IN RETE SULLE DEGENERAZIONI MACULARI GIOVANILI. UN POSTO DOVE TROVARE IL RACCONTO DI CHI VIVE, OGNI GIORNO, CON LA STARGARDT.

NON DA MENO, ESSENDO UN FARMACISTA ED AVENDO UN POCHINO DI ESPERIENZA IN AMBITO DI NUTRIZIONE FUNZIONALE E NUTRACEUTICA, VORREI USARE QUESTO STRUMENTO PER FORNIRE GRATUITAMENTE CONSULENZA AI COMPAGNI DI VENTURA: ABITUDINI E COMPORTAMENTI ALIMENTARI, INTEGRATORI, STILI DI VITA E TUTTO QUANTO FA PARTE DELLE NOSTRE VITE. 

NON HO LA PRESUNZIONE DI CREDERMI DEPOSITARIO DI GRANDE SCIENZA, MA NEL MIO PICCOLO QUELLO CHE SO LO METTO A DISPOSIZIONE DI CHI NE HA BISOGNO.

VISTO CHE UN RUOLO IMPORTANTE NELLA PROGRESSIONE DI QUESTE MALATTIE LO GIOCANO LE ABITUDINI DI VITA E GLI INTEGRATORI, PERCHÈ NON USARE CORRETTAMENTE QUESTI STRUMENTI?

GIÀ CHE SIAMO IN BALLO VEDIAMO DI BALLARE BENE, NO? 

MA SOPRATTUTTO, IN ATTESA DELLE CURE CHE VERRANNO, CERCHIAMO DI LAVORARE TUTTI INSIEME PER CONSERVARE IL PIU' POSSIBILE INTATTO IL NOSTRO ENORME CAPITALE "RETINICO"!

mercoledì 28 settembre 2016

Il mio pensiero


Questo è un post a cui penso da tempo.
Da tanto tempo, in realtà.
Ma sebbene su questi ragionamenti ci sia passato a più riprese, il post che segue è uno di quelli che scrivo di getto, senza anteporre filtri tra il mio cuore e le mie dita.
Voglio condividere quella che è la mia visione della situazione.

Senza giri di parole, senza falsi salamelecchi. 




Siamo malati. Primo dato di fatto.

E’ colpa nostra?

No.

E’ colpa di qualcuno?

No.

E se anche fosse?

Cambierebbe qualcosa?

Trovare un capro espiatorio ci consegnerebbe la guarigione dalle nostre sofferenze, al prossimo risveglio?

No.

E allora?

Cos’è questa battaglia?

Una guerra senza quartiere contro un nemico inesistente, che ci trasforma nello spettro di ciò che dovremmo essere.

Siamo cigni bellissimi che dovrebbero inseguire orizzonti radiosi, e invece ci ostiniamo a voler somigliare a corvi in volo perpetuo, intrappolati nella notte più buia.

La vita è una cosa magnifica. Secondo dato di fatto.


La malattia può cambiare questa evidenza?

No.

La malattia è inerme.

Siamo noi a darle volto e corpo, consegnandole fattezze quasi umane.

A darle potere è la nostra rabbia.

Le nostre forze, mal convogliate, ci si rivoltano contro.

E ci avvelenano.

Distruggono la bellezza che è in noi.

Intrinseca.

Imprescindibile.

Noi siamo esseri di pura bellezza.

Ad ogni nostro respiro, ci mescoliamo con l’universo infinito, in cui esistiamo.

E allora perché chiamiamo “QUELLA STRONZA” la malattia di Stargardt?

A che serve?

Alimentare odio….genera sofferenza.

E a soffrire sono quelli che si vorrebbe aiutare.

E qui mi rivolgo a chi sta intorno a noi malati.

Siamo malati.

E allora?

Quello che avremmo dovuto essere, non potremo diventare.

E allora?

E chi l’ha detto?

Il nostro destino è mutevole.

Ne siamo padroni.

Plasmabile secondo i nostri sogni.

Nostri, appunto.

Ogni notte, però, i sogni si rinnovano.

Si evolvono. in continuo divenire.

Mutano con i nostri desideri.

Perché restare ancorati alle proiezioni di una vita che doveva essere e che, invece, non sarà?

Ma chi l’ha detto, poi, che non sarà?

Il bello di un viaggio è il viaggio in se. Non la meta. Terzo dato di fatto

Come?!

Non siete d’accordo?

Allora, per voi, tutti i respiri spesi durante un viaggio sono come buttati nel cesso.

Oppure no?

Se è importante il viaggio, allora, chi se ne frega se si arriva a meta oppure no.

E, metti, che in viaggio decidi che non ti va più di arrivare dove volevi quando sei partito?

L’uomo ha il proprio destino stretto in mano.

Può cambiare direzione in ogni momento.

Altrimenti che senso avrebbe tutto?

E se durante il viaggio si rompe l’auto?

Che si fa?

Si rinuncia?

Si può, senza dubbio.

Libero arbitrio.

Liberi di decidere per l’opzione sofferenza, e lacrime perpetue.

Oppure si alza il pollice al cielo, si tende una mano, e si coglie un abbraccio.

E la marcia riprende.

In un’altra direzione, magari.

Perché quell’abbraccio può far capire che la meta iniziale non era veramente dove si voleva arrivare.

Come in un viaggio, una malattia rappresenta un semplice contrattempo.

E allora abbiamo bisogno di una mano, tesa, a cui aggrapparci, tirandoci su con le nostre forze.

E di un caldo e sicuro abbraccio, entro cui sentirsi protetti, riscaldati.

Sicurezza.

Questo occorre per ripartire.

Verso dove?

Ma perché lo volete sapere?

L’importante è ripartire.

Avremo una vita intera per capirlo.

Ma nel frattempo, la vita, questo viaggio unico, ce lo vogliamo godere o no?

La vita che viviamo, spesso non ci appartiene. Quarto dato di fatto.


Perché, non è vero?

Vogliamo apparire diversi da quello che realmente siamo.

La natura più intima viene nascosta e camuffata, per essere la proiezione di quello che qualcuno vorrebbe fossimo.

E’ così.

Non riuscirete a contraddirmi.

Il successo delle chat, prima, e dei social, ora, non avrebbe ragion d’essere, se avessi davvero torto.

Questo ultimo dato di fatto è il cardine di tutta la faccenda.

Scardiniamo questo giogo.

Distruggiamo il nostro io virtuale e liberiamo la nostra vera natura.

Siamo bellissimi.

Stelle che scintillano, uniche, sin dalla notte dei tempi.

E invece ci ostiniamo a creare, cullare e far crescere un alter ego che proietta desideri non nostri.

Ma se ridaremo voce alla vnostra genuina natura, accettando e amando noi stessi come esseri unici e magnifici, tutto quello che ho scritto nelle righe qui sopra apparirà superfluo.

E me lo auguro.

Ve lo auguro.

Perché il mondo è popolato da esseri umani.

Belli per natura, temibili per vocazione.

Ma tutto può cambiare.

Ogni ordine può essere sovvertito.

Basta voler essere contenti.


Ora, ne sono sicuro, molti penseranno che è facile parlare dietro all’interfaccia di un blog.

Io non voglio convincere nessuno.

Non è lo scopo per cui questo blog è nato.

Non è la mia missione.

Io vi racconto i miei pensieri, con la speranza che vi possano essere di qualche utilità.

Ma per mostrare la coerenza di quello che racconto, e che faccio, ritengo doveroso raccontare qualcosa di me.

A 19 anni mi è successa una cosa che ha stravolto l’ordine più o meno stabilito di quello che doveva essere il mio domani.

Un evento critico, che mi sono andato a cercare col lanternino, ma di cui non farò menzione.

Vi basti sapere che la penombra e l’apatia erano le mie fide compagne del quotidiano.

Era l’estate della maturità.

Uno dei periodi più belli della vita comune.

Per me un momento di profonda riflessione.

Mi sono accorto di non essere in pace con il mio io interiore.

Non vedevo un domani.

Temevo per la mia libertà.

E così ho scelto.

Di cambiare.

Aria.

Città.

Stile di vita.

Direzione.

Contrariamente alle indicazioni dei professori delle scuole appena concluse, decisi di iscrivermi all’università.

Mi sono diplomato per il rotto della cuffia.

Ogni anno, gli scrutini erano portatori di terrore per me e la mia famiglia.

Sempre sul filo della sufficienza.

Perché studiavo?

Perché si doveva fare.

E dopo 14 anni di studi, ora non avrei dovuto più farlo.

Diplomato, con 42/60.

Abbastanza per poter fare concorsi pubblici, ma un soffio sopra il limite inferiore.

Ovvero, mediocrità.

Libero dalla costrizione dei libri e dei quaderni, decisi di mettermi volontariamente con il capo chino a studiare.

Ancora.

Tanti libri.

34 esami.

Tre di questi ripetuti due volte.

Mai, però, avrei potuto lontanamente immaginare cosa, l’università, avrebbe rappresentato per me.

Per la mia anima.

Per la mia coscienza.

Per la mia crescita.

Sei anni.

Sì, uno in più del dovuto.

Ma non come in quarta superiore, dove mi feci volontariamente bocciare.

Volevo capire e comprendere ogni singolo concetto, intrappolato nei pesanti e costosi tomi accademici, che la mia famiglia era chiamata a farmi avere.

Con sacrificio.

E così, per amore del sapere, mi sono allungato di un anno.

Conclusi gli studi, con lode, arrivai come un treno nel mondo del lavoro.

E scoprii che la mia laurea non mi avrebbe aperto nessuna porta.

Le frottole che il sistema raccontava, si stavano svelando in fretta.

Primo grosso intoppo del secondo millennio.

Deluso?

Eccome.

Arrabbiato?

Come un cane inferocito.

E quindi?

Iniziai a capire che forse, gli studi,fossero in realtà serviti a farmi conoscere e imparare tante cose.

Mi hanno fatto fare un’esperienza umana incredibile.

Libertà.

Confronto.

Divertimento.

Responsabilità.

Indipendenza.

Questo, ha comportato la sacra pergamena.

Non la garanzia di un’occupazione “secondo cronache”, ben remunerata e consona al rango a cui, nell’immaginario comune, il titolo di dottore mi avrebbe dovuto elevare.

E d’un tratto, il tipo di lavoro e il risentimento verso “quegli anni buttati”, non hanno avuto più senso.

Importante era lavorare.

Perché quando ti fai certe domande, inizi a ricordare che da piccino, avevi tanti sogni.

E qualcuno, lo riporti al presente da un passato non poi così lontano.

Dopo 5 anni, arrivò la diagnosi genetica. In realtà un’ipotesi mi fu proposta già l’anno successivo alla laurea, ma non me ne preoccupai troppo, allora. Ero proiettato verso una vita non mia.

Il mondo, in quell’ottobre 2009, si fece tutto nero.

Di nuovo dubbi.

Timori.

Ma questa volta, nella mia nuova vita da uomo indipendente nel pensiero e nella quotidianità, non mi trovai a pensare da solo.

Avevo una persona al mio fianco.

E in due, si ragiona molto meglio.

Rimasto anche senza lavoro, proprio per via della mia condizione di ipovedente, iniziai a scrivere questo blog. E contemporaneamente, presi ad amare visceralmente il mio tempo libero da disoccupato.

Ma durò poco.

Per fortuna o purtroppo.

Trovai entro un mesetto un lavoro.

Part Time. In parafarmacia.

Quanti part e para… ero preoccupato, ma in verità questa fu la mia fortuna più grande.

Costretto a una decrescita da una malattia.

Costretto a rivedere l’impostazione economica della propria vita per via delle ridotte ore lavorative.

Costretto ad avere tanto tempo libero.

Da questa “quasi” oscena formula, la risultante è stata la mia salvezza.

Tempo libero, vita meno onerosa, uguale serenità di pensiero.

E quando la mente spazia, volando leggera tra sogni e preoccupazioni, la soluzione ad ogni guaio si scova senza troppa fatica.

E si risparmia qualche tonnellata di ansia.

La malattia ha cambiato, insieme al resto, il quadro di lettura della mia vita.

I vecchi sogni, le vecchie ambizioni, d’un tratto mi sono sembrate il frutto di un lavaggio di cervello, che non avevo compreso di aver subito.

E il mio io più tenero, il piccolo Donatello lasciato a giocare nel prato, 28 anni più indietro, è tornato a far sentire la sua voce al mio cuore.

Ma non riuscivo a capire bene cosa mi urlava.

Gridava in una lingua poco comprensibile, alle mie orecchie di adulto.

Ci sono voluti altri tre anni, e altra strada percorsa con la mia malattia, per darmi la chiave di comprensione al suo linguaggio.

Con la nascita di mio figlio, che in realtà solo due anni prima non avrei voluto mettere al mondo, per timore di potergli forse trasmettere la malattia, ho avuto chiara ogni singola parola.

Il mondo che costruiamo noi adulti, dimentichi delle nostre infanzie, è aberrante.

Un’offesa alla bellezza della vita.

Stravogliamo gli ordini delle cose.

Facciamo diventare priorità il superfluo, e rinunciabile l’indispensabile.

Un bambino sceglierebbe mai di barattare il divertimento con un lavoro alienante, solo per avere qualche soldo in più per pagare gli oggetti e gli svaghi con cui si edulcora l’esistenza?

No.

Quando un bambino cade, anche rovinosamente, a terra, che fa?

SI rialza.

Piange?

Eccome.

Ma poi si lascia consolare, e asciugate le lacrime, ricomincia a correre.

E allora, cari tutti, dopo la brutta caduta che la Stargardt vi ha fatto prendere, piangete, gridate, svuotatevi della rabbia che vi riempie cuore e stomaco, e lasciatevi consolare.

Perché poi, asciugati i vostri visi, sarà ora di rimettervi a correre incontro alla vita.

Potete tutto.

Basterà solo volerlo.


martedì 27 settembre 2016

Un video che chiarisce...

Avete cinque minuti?
Volete sapere cosa significano molti dei concetti che tratto nel mio blog?
Visione, Ipovisione, Campo Visivo, etc..
Date un'occhiata qui...


lunedì 19 settembre 2016

IO TI VEDO COSÌ

Un progetto di qualche anno fa...ancora utile, interessante...e toccante.

Dedicato a chi ha vicino un ipovedente, un cieco, o semplicemente a chi ha guai con i propri fanali....



https://www.youtube.com/watch?v=iqtSlNP3lic

domenica 14 agosto 2016

"Anche agli Dei Piace Giallo" - La Conclusione




“Tia, hay cosas en la vida que tiene que hacer. Esta es una de las!” 
Amador, Maggio 2016, Via Degli Dei.



L'ultima tappa di questa gloriosa ed emozionante avventura riprende dal cippo che ricorda i Sette Santi, che risaliti da Firenze crearono il Santuario di Monte Senario. Con una staffetta le auto hanno riportato da Bivigliano tutti i camminatori, fatta eccezione per me: insieme ad Elisabetta, infatti, dobbiamo andare alla stazione di Vaglia, per recuperare Elena. E' arrivata col regionale da Faenza e ci aspetta ansiosa di camminare con tutto il gruppo. Sono le 9:30 quando, incrociato il gruppo al Passo della Catena, ci mettiamo in marcia verso la nostra ambita destinazione. Abbiamo anche degli ospiti speciali oggi: una famiglia si è aggregata alla compagnia in cammino da Bologna. Il loro ragazzo ha la Malattia di Stargardt, e grazie al mio blog eravamo da tempo in contatto. E' per noi tutti un immenso onore poter avere queste persone vicino. Tutti possono essere utili a tutti, perchè è solo grazie alla condivisione che si affrontano le sfide della vita. E questo ha ancora più valore per un adolescente, che vive in maniera turbolenta la propria realtà di ipovedente. E come potrebbe essere altrimenti, in questa fase della vita così esplosiva, appassionata e intensa?

Però, non me ne vogliate, questa volta davvero vi lascio sulle spine.

In questa giornata ne sono successe davvero tante.  Ci sono stati momenti di gioia immensa e di commozione profonda. I cuori si lasciano andare quando sanno di poterlo fare, e vedere Firenze sotto di noi, raggiunto un promontorio sulle colline che ci separano dal capoluogo, da il via libera a tutti i sentimenti che abbiamo cercato di domare. 







Il nostro arrivo a Fiesole, tappa di chiusura ufficiale della Via dgli Dei, anche nota come “La Bologna – Fiesole”, è concomitante con i 100 km del Passatore, una maratona da Firenze a Faenza che ogni anno si svolge qui. Fiesole è blindata, e noi siamo esausti. Decidiamo di prendere un bus per evitare i danni ai piedi che gli ultimi 4 km di asfalto fino all’ostello potrebbero causare, ma il traffico è fermo. Improvvisamente il nostro bus, fermo in un parcheggio, si mette in moto. Corriamo per cercare di salire, ma bisogna fare i biglietti…e siamo 25 e passa persone.

Ed ecco che, ancora una volta, le persone e le istituzioni che rappresentano fanno la differenza. Intervengono due assessori del Comune di Fiesole, che ci avevano raggiunto in piazza per salutare il nostro arrivo. Fermano il bus ormai in marcia, e mentre una parla al conducente, l’altra va a comprare tutti i biglietti necessari. E lo fa di tasca propria. Onori a queste due donne!!!

Il resto è storia, amici miei.

La sera si festeggia al Circolo Culturale "Baragli" insieme ai ragazzi dell’Unione Italiana Ciechi di Firenze. Niccolò Zappi, nella persona del Presidente, ha organizzato la festa conclusiva dell’evento. Ci sono tutti, inclusi i nostri sponsor. Federica di FONDA è pronta ad accoglierci a braccia aperte!


Festa, emozioni e allegria sono il felice preludio di quello che sarà il momento più triste. Per tutti. Questa frase è zeppa di contrasti, ma non è così la nostra esistenza?

La nottata passa. Liscia per alcuni, intensa per altri. C’è chi festeggia la meta raggiunta, e fino all’alba resta al bar dell’Ostello 7Santi a bere. Beata giovinezza.


Domenica, dopo una visita ufficiale al Palazzo Vecchio, dove con un cicerone d’eccezione abbiamo potuto visitare i meandri più nascosti di questo magnifico palazzo storico, sotto una pioggia battente si arriva al momento dei saluti.



Il cielo piange insieme alla Gialla Compagnia.


Ma sono lacrime dolci, queste.


Ci siamo incontrati, provenendo da i più disparati angoli del vecchio continente. Sconosciuti, riuniti solo dallo spirito di condivisione e di avventura di due amici, che hanno voluto credere nella forza dei cuori degli esseri umani. 

Siamo partiti, ognuno con il proprio ruolo, più di una settimana fa da Bologna. Ed ora, qui in Piazza della Signoria, mentre ci abbracciamo tutti insieme, sotto l’acqua che fa confondere le nostre lacrime, non possiamo identificare più chi è cosa.


Guide, video maker, organizzatori, partecipanti…no, non esiste più distinzione. 


Siamo cuori che hanno deciso di sfidare le avversità… e abbiamo vinto.


La vita è bella, amici cari!


A presto.




sabato 13 agosto 2016

"Anche agli Dei Piace Giallo" - Venerdì 27 Maggio 2016 - Penultima Tappa



Il regionale che collega Faenza a Firenze mi pare lento come una lumaca. E' tanta la fregola di arrivare, e ogni secondo mi pesa come un macigno. Per fortuna non ci sono intoppi e il mio arrivo a San Piero a Sieve è puntuale, come da tabella. Sono le 8:46 e mi incammino verso l’albergo dove la truppa mi attende per la partenza. Attraverso il paese e qualche sorriso mi anticipa che la nostra presenza è cosa nota ai "sanpierini". Ne sono contento ed onorato.

"Hi guys!" tuono io dall'alto dello stradello che sbuca nella piazzetta dove c'è l'albergo. Sono felice di essere di nuovo nelle fila della compagnia, ci restano due tappe all'arrivo, e percepisco già nei loro volti la soddisfazione di essere ampiamente oltre il punto di non ritorno. Ci sarà ancora da camminare, ma il grosso è alle spalle e ne sono tutti consapevoli.
Il Mugiallo ci saluta e con Fabrizio e Andrea in testa ci addentriamo per un sentiero che taglia attraverso boschi di quercia, e che piega verso sud. Lasciamo alle spalle il paese e con un ripido strappo ci portiamo in quota, camminando per quasi tutta la mattina a mezza costa. Il profumo delle ginestre in fiore regna anche in questa parte di Appennino, e mi riscopro quasi stupito nell'annusarlo ancora una volta. Ci sono rovi e fronde nel sentiero. Le abbondanti piogge primaverili hanno fatto esplodere la vegetazione che, oltre al sottobosco, sta conquistando anche zone che non gli competono. Mi porto davanti a Maaike, voglio pulirle la via. A colpi di bastone abbatto i tralci spinosi che spesso ci si parano davanti, e mi accorgo che in questo modo il passo del nostro gruppetto riprende ad essere sostenuto. Chiedo alla mia nuova amica olandese qualcosa di lei. Ho letto sul suo sito di tante imprese sportive, e lei mi conferma di essere un'appassionata di tantissime attività. Le avevano anche chiesto di partecipare alle olimpiadi ma, almeno per la precedente edizione, aveva deciso di non accettare perchè aveva altri impegni e non voleva rinunciarci. Gli allenamenti olimpionici non consentono altre distrazioni, e neppure per le amicizie resta sufficiente spazio per cui mi confida che se ne riparlerà probabilmente alla prossima occasione. Per gli europei di sci, invece, inizierà ad allenarsi a fine estate. E' una ragazza davvero super impegnata, ed è un vero piacere sentire con quale entusiasmo parla della sua vita. Infermiera professionista, ora si sta dedicando al massaggio sportivo. Si è diplomata come fisioterapista e lavora a Den Bosch, città che porta il nome del celebre pittore Hieronymus Bosch, che giusto il giorno prima di conoscere Maaike ho scoperto per caso ascoltando la radio. E' stata una vera sorpresa sapere che lei viene proprio da li: poco da fare, in questa avventura il caso si sta divertendo tantissimo con noi.
Con inaspettata rapidità si fa ora di pranzo. Ci fermiamo nei pressi di un convento abbandonato, e alla prima radura ci sistemiamo per consumare i nostri panini. La scelta però non è delle più azzeccate: il prato su cui ci rilassiamo deve essere stato oggetto di visita da parte di un gruppo di ungulati, che involontariamente ha lasciato una pericolosa traccia del proprio passaggio.  Mentre mangiavo il mio panino, Maaike mi chiama e mi chiede "che diavolo mi sta camminando sul braccio?". Io mi avvicino e vedo che una minuscola zecca, allo stato di pupa, sta facendo free climbing abusivo sul suo avambraccio, in cerca di una bella venuzza da infilzare. La prendo e la schiaccio,ma di li a poco anche su altri camminatori vengono scoperti altri maledetti succhia sangue. Con attenzione le rimuoviamo tutte, e ci togliamo rapidamente da quel covo di zecche nascoste all'ombra di cipressi secolari. Già che siamo tutti di nuovo in piedi, ne approfittiamo per riprendere la marcia: il Monte Senario ci attende con il suo santuario e con Elisabetta, Patrizia, Sara e Barbara, arrivate per ricongiungersi alla compagnia per la tappa conclusiva di domani.
Eccezion fatta per una marea di fango incontrata nel tratto finale, la tappa si chiude rapida e tranquilla. 

Arriviamo presto in vetta al Monte Senario e abbiamo tempo per goderci la splendida vista su Sesto Fiorentino che da qui si apprezza. 
Berny sul trattore dei monaci




Si avvicina a me Bernard, con la sua fida coppola irish-style indossata, come di consueto, a fine tappa. Ha una bottiglia di whisky irlandese in mano, alla quale svita il tappo che subito riempie con un po' di distillato ambrato. 

Poi me lo porge e mi dice "in Irlanda è consuetudine, una volta raggiunto il punto più alto di una escursione, compiere questo piccolo rito con il nostro liquore più tipico". Ha un tono solenne e io ascolto come fossi al cospetto del mio mentore. "Devi prima dare un po' di whisky alla terra su cui sei ora, e dopo un sorso tocca anche a te".
Non nego che mi sento onorato e al contempo emozionato, e come da istruzioni verso il primo tappo di whisky a terra, pensando in quell'istante a quanta gratitudine nutro nei confronti di questa natura che ci sta ospitando così benevola.
Siamo però alla penultima tappa, e Bernard decide di far compiere questo rito a tutti i partecipanti. Ha un'altra bottiglia di whisky nello zaino, e non vuole portare peso a casa. Inutile dire che tutti i camminatori accolgono con grande entusiasmo questa notizia. Può sembrare strano, ma uno o due sorsetti di distillato irlandese a fine tappa riescono ad allentare la tensione e la fatica accumulata, senza però dare alla testa.
Per la consueta bevuta di fine giornata, però, dobbiamo attendere ancora un po'. C'è una piccola sorpresa in serbo per uno dei nostri angeli custodi. Oggi è il compleanno di Marinella, e le ragazze del CAI hanno preparato un piccolo banchetto per festeggiare insieme, ai piedi del Santuario di Monte Senario. 

Con gioia vengono stappate le bottiglie con cui tutti brindiamo insieme, mangiando le deliziose focacce, pizze e gli strepitosi zuccherelli preparati da Elisabetta, Patrizia, Sara e Barbara. Kristinn si avvicina e mi dice "questo è il vero spirito del vostro popolo". Mi commuovo quasi, ma ha ragione da vendere…peccato che per noi pare sia scontata tanta bellezza!
Finiti i festeggiamenti ripieghiamo per il punto sosta per questa giornata di cammino. Non spenderò altre parole in merito perchè la bellezza di questa bellissima giornata ha rischiato di essere parzialmente oscurata dall'accoglienza terribile che ci è stata accordata nell'hotel che ci ha ospitato questa sera. Neppure il nome voglio riportare, perchè non merita davvero nemmeno una parola di più.
Dico solo, a chi legge queste righe, di evitare assolutamente come penultima tappa Bivigliano. Allungatevi fino all'Olmo, frazione in cui sorge una struttura ricettiva che merita davvero tanto. Sono solo tre km in più, ma potrebbe far la differenza tra la mediocrità e l'eccellenza.

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